A partire dagli anni Settanta, le crisi d’impresa hanno cessato di essere dei fenomeni sporadici, legati esclusivamente all’incapacità dell’imprenditore, per diventare una componente permanente del sistema aziendale, la quale dipende dal dinamismo e dall’instabilità degli ambienti esterni.
Le ragioni di tale andamento sono da ricercare nei seguenti fattori:
1. variazioni dei livelli di costo del lavoro;
2. aumento vertiginoso dei prezzi del petrolio e delle materie prime a partire dagli anni Sessanta, con grave danno per i Paesi importatori;
3. ingresso dei Paesi emergenti nel mercato internazionale (come Cina, Corea, Brasile, Polonia, etc.), facilitati dal basso costo della manodopera;
4. rapido progresso tecnologico: molti settori non sono riusciti a recepire i nuovi sistemi produttivi e commerciali, non solo per un’insufficiente capacità finanziaria, ma anche per la scarsa capacità di adeguamento dell’organizzazione interna;
5. abbreviazione del ciclo vitale dei prodotti;
6. necessità di pianificare i processi aziendali: le aziende prive di programmazione a medio e lungo termine si sono indebolite.
A causa di tali fattori, le imprese italiane si sono indebolite eccessivamente nel corso degli anni: non dobbiamo stupirci, dunque, che la crisi economica ne abbia annientate molte e che altrettante abbiano bisogno di interventi di risanamento.
Risanare l’azienda non è solo un’operazione di economia aziendale, ma ha fondamentali ricadute sul piano sociale e politico, perché salva posti di lavoro, preserva il know how e tutela la vocazione produttiva di interi territori del nostro Paese.
Gli interventi risanamento variano in base alle specificità dell’azienda. In linea di massima, si procede analizzando prima le cause che hanno portato alla crisi; in un secondo momento si individuano gli strumenti più idonei, i relativi costi e la fattibilità degli obiettivi del piano di risanamento.